Nei nuovi insediamenti costieri, protetti dalle lagune e dalla flotta imperiale, avviene la definitiva fusione con la spiritualità cristiana- bizantina che diventerà uno dei fattori distintivi della coscienza veneta.
L’isola di Torcello diventa il principale centro commerciale-religioso delle lagune, posta in posizione strategica, al centro dell’area formata dalla confluenza dei fiumi. Per dare una nuova sede alla cattedra episcopale di Altino nel 639 d.C. viene costruita la chiesa di Santa Maria Madre di Dio su ordine dell’Esarca di Ravenna Isacio. La chiesa bizantina di Torcello conserva al suo interno il grandissimo mosaico del Giudizio Universale, una successione di icone raffiguranti i santi con la Vergine Madre (iconostasi) e il Cristo pantocratore, il simbolo della chiesa ortodossa. La figura del Cristo Pantocratore, adottata successivamente dai veneziani anche nella Basilica di S. Marco, incarna il principio organizzatore del cosmo, generato e non creato da Dio Padre, la chiave di comprensione della realtà e la risposta al mistero dell’esistenza, ma anche la chiave di comprensione della natura umana e dell’ordine naturale delle cose che devono essere misurate e discriminate dal caos. Il filosofo Alfred North Whitehead ha avanzato l’ipotesi che la visione scientifica del mondo, così profondamente impressa nella coscienza occidentale, abbia le sue radici nella teologia dei cristiani del V secolo, ma ciò non avrebbe potuto accadere senza il ruolo decisivo svolto dalla chiesa bizantina veneziana. Le implicazioni intellettuali, filosofiche e scientifiche, collegate all’icona di Cristo pantocratore, sono fondamentali per comprendere il successivo apparato iconografico rappresentato dal Leone (rosso, verde. blu e oro) che tiene aperto il Vangelo di San Marco nel gesto di portare la pace sulla terra (pax ti bi) attraverso la facoltà della giusta discriminazione del bene e del male. Il Leone di San Marco, simbolo della giustizia laica che si affianca alla giustizia divina del Cristo Pantocratore, diventa il fondamento dell’egemonia politica della Repubblica Veneta in quanto incarna il principio dell’equità di giudizio che emerge dalla conoscenza della natura umana che deve essere di volta in volta presa come metro di misura di valutazione anche politica delle situazioni contingenti. La grandezza della Repubblica veneta emerge infatti dalla consapevolezza di poter esercitare congiuntamente la giustizia umana volta a punire il male che deriva dalle azioni non disgiunta dalla comprensione spirituale delle motivazioni che spingono l’individuo all’errore. La civiltà di un popolo non si misura unicamente dall’omogeneità, consequenzialità e durata dei suoi simboli religiosi, ma anche dalla presenza di principi etici-simbolici che nella civiltà veneta svolgono la funzione di connettere la dimensione sacra con quella profana, la razionalità delle azioni politiche con l’aspetto celebrativo dei rituali, al fine di perdurare nel tempo. Nel corso di duemila anni lo sviluppo della civiltà veneta ha subito una profonda trasformazione epigenetica (culturale e genetica) in quattro diverse fasi di “contaminazione” con il mondo esterno: La prima contaminazione (influsso morale) avviene con la società greca verso l’800 A. c.; la seconda contaminazione (influsso sociale) è dovuta alla dominazione dell’Impero romano (I sec.) che struttura le città con teatri, templi, terme, edifici pubblici e le collega con strade, ponti e viadotti ; la terza contaminazione (influsso religioso) è causata dall’invasione Longobarda verso la fine del VI sec. che suggella la convivenza con la popolazione romanica - bizantina provenienti da Aquileia. La quarta contaminazione (influsso spirituale) è quella più difficile da registrare negli eventi perchè si propaga attraverso i libri degli antichi che iniziano ad essere tradotti dal greco al latino a partire dal XII sec. , il secolo del grande rinnovamento spirituale generato dall’esperienza mistica di S. Francesco. L’influsso spirituale determinato dalla diffusione dei testi di Platone e Aristotele, di Ippocrate e Galeno, fino a ai testi dei grandi filosofi cristiani , da San Paolo a Sant’ Agostino, da San Bonaventura e San Tommaso, fa esplodere prima a Padova, e poi in tutte le altre città Veneto, un movimento culturale, filosofico, artistico ed estetico definito “Humanitas” da Petrarca riferendosi alla nuova disciplina che si occupa di studiare la natura umana L’Umanesimo veneto è stato un fenomeno collettivo complesso e articolato, profondamente diverso rispetto a quello individualistico che si forma nella repubblica fiorentina in cui spiccano filosofi e artisti eccezionali, come Ficino e Botticelli, Leonardo Da Vinci e Michelangelo. Se si rilegge il fenomeno procedendo per gradi, dal primo umanesimo di matrice religiosa-sociale (1250 - 1360) fino all’epilogo puramente estetico che sancisce l’affermazione della civiltà delle ville venete (1580-1690) , si scopre che l’Umanesimo veneto getta le basi della conoscenza della psiche e del funzionamento della mente logica e analogica, anticipando di tre - quattro secoli la psicologia del profondo e la filosofia trascedentale di Kant. Ciò che emerge dalle opere di Lotto, Tiziano e Giorgione è la consapevolezza di poter affiancare la semantica dell’analogia e del simbolo alla logica discorsiva del pensiero razionale. La capacità di utilizzare le immagini simboliche per descrivere concetti filosofici finisce infatti per aprire la psiche creativa a un aspetto ignoto della realtà che va oltre le stesse intenzioni degli artisti veneti. La confidenza con i simboli permette di accedere all’archetipo del Sè che contempla tutti gli aspetti dell’essere, da quelli “materiali” filo-genetici sedimentati nel corpo umano, alle immagini psicologiche generate dal subconscio come risposta primaria alla curiosità di conoscere la verità. L’umanesimo veneto condivide con il pensiero greco la stessa ansia di conoscere la verità, e cioè i processi di divinizzazione dell’uomo che trascendono la materialità dell’esistenza.
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Le diverse civiltà che si sonno succedute nel corso dei millenni sono caratterizzate dal fatto di insediarsi in uno specifico luogo della terra, di possedere un linguaggio ricco e articolato, un sistema omogeneo di credenze religiose, di costumi morali e tradizioni popolari e, soprattutto, di una specifica conformazione di riti, miti e simboli in grado di rappresentare, attraverso l’arte l’anelito dell’anima individuale e collettiva per la bellezza e la verità.
La storia narra il passaggio dalla civiltà assiro-babilonese a quella sumerica, dalla civiltà egizia a quella greca, dalla civiltà romana a quel fenomeno di civilizzazione dei costumi morali e religiosi che si diffonde in tutta Europa e poi nelle americhe per effetto del cristianesimo. Fino all’avvento del monoteimo giudaico esiste una mitologia sostanzialmente simile che si tramanda di civiltà in civiltà. Cambiano i nomi delle divinità ma il significato simbolico non cambia, rimane immutato, a testimoniare che l’inconscio collettivo della stirpe umana rimane inalterato per almeno 3 - 4000 anni. I racconti mitologici e le immagini archetipiche da cui derivano resistono al tempo ciclico segnato dalle stagioni e dal movimento delle stelle e dei pianeti, fino a quando avviene il passaggio dal pensiero analogico-simbolico capace di elaborare i miti e comprendere i simboli, al pensiero logico-razionale, evento a cui si allude in forma allegorica nel racconto del peccato originale contenuto nella Genesi. Da allora l’umanità esce dal giardino dell’Eden, dalla memoria semantica dove le immagini, i simboli, i segni e i sogni contavano più delle parole e dei contratti, e si afferma la civiltà greco-romana che riesce a saldare le due forme di pensiero, mantenendo il collegamento con la dimensione sacra pur esercitando un dominio fondato sulla ragione politica, la razionalità degli strumenti idonei a governare e la tolleranza dei diverse credenze religiose. E’ in questo frangente che la storia non registra la presenza di una civiltà gemella a quella greco-latina, forse per il fatto di essere protetta dalla conformazione del territorio, abitato dalla stessa popolazione da almeno 5000 anni. Come accade in quella latina, la civiltà veneta dispiega fino in fondo la struttura dei miti greci al punto da rappresentarli sia nei rituali che nell’espressione artistica, a dimostrazione dell’esistente di un comune “gene culturale” che legittima l’ipotesi di una civiltà greco-veneta. Il primo a definire ufficialmente il territorio della civiltà gemella, chiamando Venetia, fu Ottaviano che nel 42 a.C, in accordo con gli stessi veneti, delimita i confini della X Regio Venetia et Histria. I confini del territorio non sono decisi casualmente. ma ricalcano il territorio abitato dai paleoveneti dal II millennio A. C.. Caso unico tra i popoli che abitavano la parte settentrionale della penisola, agli antichi Veneti è possibile attribuire una precisa cultura materiale e artistica, ampiamente documentata dai reperti archeologici ritrovati nel loro territorio di stanziamento, definito morfologicamente dall’arco alpino a Est, dal confine retico appena sopra Bolzano, dal fiume Oglio e dal lago d’Iseo a Ovest e dal fiume Po a Sud. E’ proprio sulla foce del Po a quel tempo arretrata di almeno 50 km rispetto a quella attuale, che giunge intorno all’ 800 a.C. un primo nucleo di coloni provenienti dalla Grecia, o dalle isole adriatiche. Dalla fusione dei due ceppi genetici nasce Este che sarà promotrice del culto dei morti e dell’educazione della gioventù nelle scuole e palestre come avveniva a Sparta e Atene. La leggenda narra che anche la fondazione di Padova, avvenuta nello stesso periodo di Este, fosse dovuta allo sbarco del mitico Antenore in prossimità degli Euganei; ma l’aspetto più interessante non è quello di legittimare l’effettivo influsso della cultura ellenica, quanto constatare che il seme della coscienza greca, fondata sulle immagini archetipiche proprie del pensiero analogico-intuitivo, si mantiene latente nell’inconscio collettivo dei Veneti fino a dare forma, in prossimità dell’anno mille, a un modello di pensiero etico - mitologico che ispirerà la Repubblica Veneziana. La civiltà veneta non si ravvisa nella una realtà socio-politica in continuo mutamento, drasticamente stravolta dall’invasione dei longobardi del 568 che manda in frantumi in delicato equilibrio che teneva insieme l’impero romano - bizantino, ma dalla capacità di conservare quel seme epigenetico che si manifesterà in seguito nell’elaborazione dei riti e delle celebrazioni, e nella scelta dei simboli e delle leggende provenienti anche dalla cultura bizantina, a cui rifarsi per cementare una identità quanto mai dispersa e frammentata dalle invasioni barbariche. In seguito all’ occupazione longobarda di buona parte del territorio che porta alla progressiva migrazione delle popolazioni romaniche provenienti dalla caduta di Aquileia, verso l’area costiera e la laguna, avviene un secondo evento fondamentale per legittimare la continuità del pensiero analogico intuitivo che caratterizzava il pensiero greco e successivamente bizantino. In anticipo di almeno 4 secoli sulla psicologia junghiana, l'umanesimo veneto colloca la conoscenza delle emozioni e delle intuizioni al centro di ogni interesse creativo e curiosità intellettuale. Scoprire i segreti di Tiziano, Giorgione e Lotto nella prossimo numero di Monografie Venete.
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